L’immaginazione può aiutarci a superare i momenti difficili?
Quando immaginiamo, creiamo scenari nuovi, inaspettati, troviamo soluzioni a problemi complessi. Non a caso l’immaginazione è strettamente legata all’evoluzione dell’essere umano.
Sentiamo dire spesso che quando una persona sta vivendo un momento difficile, che sia un amico, un conoscente o un nostro familiare, è utile non dare consigli, ma ascoltarlo. Abbiamo spesso la tentazione di dare suggerimenti, di dire: al tuo posto farei in questo modo o in quest’altro. Però ci sono casi in cui è doveroso fare un passo indietro, ascoltare, diventare un supporto emotivo. A questo punto potrebbe essere utile dire: Non so se sono in grado di comprenderti a fondo, ma mi dispiace veramente tanto per quello che stai passando e sappi che qualsiasi cosa mi chiederai la faremo insieme.
Questo è un modo per far sentire la nostra presenza. Per permettere a quella persona di non sentirsi sola e abbandonata. Questo perché quando le persone soffrono tendono a isolarsi, a chiudersi a riccio, pensando che non potranno essere capite. Ma anche se non saranno effettivamente capite, l’isolamento è un errore da non sottovalutare perché rendersi aperti ad accogliere potrebbe ribaltare la situazione.
Cosa accade però quando siamo noi a soffrire? Quando siamo noi a chiuderci a riccio, a isolarci? Esistono delle strategie che noi stessi possiamo attuare per tornare a stare meglio? Per riacquistare la lucidità necessaria che ci permette di affrontare i problemi e risolverli?
Allora... ti do una buona notizia: sì, esistono tantissime strategie che ci aiutano a superare il dolore.
E quella che preferisco e che ho spesso usato per tirarmi fuori dai problemi e dalla sofferenza è una cosa a cui tengo particolarmente: ovvero è la nostra capacità di immaginare. Questa facoltà è così potente che permette di ribaltare qualsiasi situazione a nostro vantaggio.
Quando immaginiamo, infatti, creiamo scenari nuovi, inaspettati, troviamo soluzioni a problemi complessi. Non a caso l’immaginazione è strettamente legata all’evoluzione dell’essere umano.
Infatti Albert Einstein diceva: tutti sanno che una cosa è impossibile. Poi arriva uno che non lo sa e la fa.
Quando appunto immaginiamo, andiamo a creare delle soluzioni, che non è necessario neanche attuare subito. A volte quello che infatti ci frena è la paura del futuro, l’incertezza di non sapere cosa succederà dopo aver preso determinate decisioni.
La domanda che infatti ci rivolgiamo più spesso è: Se faccio questa cosa e poi me ne pento?
Ma grazie all’immaginazione possiamo ovviare a questa paura inconscia. Possiamo permetterci di immaginare una situazione diversa, una scelta diversa, una vita diversa, senza però doverlo fare per forza. Da un lato questo può sembrare controproducente o uno spreco di energie, ma in realtà è un grande vantaggio perché ci porta a fare considerazioni diverse, a immaginare scenari alternativi e a capire cosa potremmo provare se davvero si realizzassero.
Facciamo un esempio: se tu sei in una relazione che inizia a starti scomoda, che ti fa soffrire, che ti causa stress, ma continui a ripeterti di non poter lasciare il tuo partner perché in fondo lo ami, perché non vuoi vivere senza di lui o di lei, allora prova a immaginare a come sarebbe se invece fossi single. Non pensare al tuo partner, fingi per un momento che non esista: ci sei solo tu. Cosa faresti o cosa inizieresti a fare? Ci sono cose che hai abbandonato, tralasciato, messo da parte per il beneficio della relazione? Ecco, immagina se tutte queste cose potessero tornare di nuovo a far parte della tua vita: come ti sentiresti?
Non è facile immaginare scenari alternativi, lo so bene, perché spesso appena ci proviamo veniamo attanagliati dall’ansia che ci blocca in un loop infinito. Ma prova a pensare a questo: tu non stai facendo niente, non hai ancora preso nessuna decisione, quindi puoi provare a darti un’opportunità, immaginando, solo nella tua testa come potresti sentirti.
Ovviamente in ogni situazione c’è il rovescio della medaglia e in questo caso specifico sarebbe: ma cosa accadrebbe se invece risolvessi i problemi? Potrei continuare a vivere la mia relazione, giusto?
È una domanda che si pongono tutti ed è proprio questa che spesso ci blocca in quel loop infinito dal quale non riusciamo a uscire. Mi butto o non mi butto? Se sbaglio?
Il punto è che bisogna prendere in considerazione vari fattori. Quello più importante è: quanto è grande l’ostacolo che dovresti superare per portare la relazione a un livello di positività? Ma soprattutto: sei tu che devi superare quell’ostacolo o è l’altra persona? Perché c’è un’enorme differenza. Proprio per questo devi essere sincero con te stesso o con te stessa.
Perché quello che pensano o quello che fanno gli altri infatti non è alla nostra portata. Noi non possiamo cambiare il loro modo di agire. Non abbiamo il potere di controllare le loro scelte e decisioni. Possiamo fare solo due cose: adattarci, rischiando di incorrere in eterna sofferenza se il cambiamento nell’altro non avviene, o decidere di prendere in mano le redini della propria vita, smettere di aspettare e imboccare quella che è la nostra strada.
So che quello che ho appena detto fa paura, perché spesso siamo così ancorati al nostro presente che fatichiamo a credere che possa esserci una strada per noi, diversa da quella che abbiamo adesso.
Voglio raccontarti la mia esperienza personale. Quando mi trovai a dover decidere se chiudere o meno la mia relazione, non solo avrei perso il mio partner, ma anche una casa e un lavoro. Avrei dovuto trovare la forza per reinventarmi completamente. Non era affatto facile immaginare scenari alternativi, soprattutto a causa del contesto in cui avvenne: eravamo nel pieno del 2020.
Mi sentivo molto confusa, avevo paura. Da una parte volevo restare nella relazione, perché c’erano momenti belli che mi facevano stare bene, ma erano rari, quindi dall’altra parte sentivo che restare mi stava solo facendo del male.
Tuttavia ciò che mi dissi fu proprio: “Posso immaginare, posso creare nella mia mente situazioni diverse, capire se possono essere fattibili, concretizzabili”.
Non volevo mettermi fretta, non volevo obbligarmi a decidere così su due piedi. Quindi mi presi del tempo per riflettere seriamente. Sarebbe stata una decisione importante, quindi non volevo pentirmi di quello che poi avrei scelto.
Così iniziai a chiedermi: “Cosa accadrebbe se...?”
La domanda che più mi premeva era: Cosa accadrebbe se non riuscissi a trovare lavoro? Sapevo di avere dei soldi da parte, non molti, ma potevano fare da supporto economico e nel mentre io potevo disporre di tutti gli strumenti possibili per trovare un’occupazione. Certo avrei dovuto cambiare il mio stile di vita. Non avrei potuto permettermi di mangiare primo e secondo a ogni pasto. Non avrei potuto comprarmi maglioni nuovi e non sarei potuta andare a cena fuori o al cinema ogni volta che lo avessi voluto. Erano cambiamenti abbastanza radicali e dovevo essere pronta per affrontarli e in quel momento non lo ero. Ma non mi diedi per vinta: in fondo stavo solo immaginando.
Passarono i giorni e io nella mia testa mi stavo costruendo un’altra vita. Immaginavo soluzioni, valutavo persone alle quali avrei potuto rivolgermi per chiedere aiuto. Scoprii che questa vita immaginaria stava iniziando a piacermi. Nella realtà continuavo a cercare di proporre soluzioni per mantenere in piedi un rapporto ormai arrivato al limite. Soluzioni semplici, come passare del tempo insieme, da soli. Fare un weekend in montagna o simili. Quando però mi accorsi che niente funzionava decisi di non prenderla più troppo sul personale, lasciavo insomma che le cose accadessero, senza cercare di controllarle, ma con la consapevolezza che avevo quest’altra vita che si stava delineando anche nei dettagli. Era ancora tutta immaginazione, intendiamoci, ma mi dava un certo sollievo. Andai avanti così per quasi due anni. Fino a quando un giorno mi resti conto che iniziavo a desiderare davvero quella vita che avevo costruito nella mia testa. Mi dissi allora che forse era arrivato il momento, che potevo fare quel salto che mesi prima mi spaventava, ma che adesso agognavo perché capivo che mi avrebbe fatto bene, che mi avrebbe dato liberazione.
Ora, questa è la mia storia personale, ma il concetto di immaginazione non si ferma qui. I benefici sono molteplici.
Per Carl Gustav Jung, psichiatra, psicoanalista e filosofo svizzero, l’immaginazione riveste un ruolo centrale nella psiche umana. Egli distingue infatti tra immaginazione passiva e immaginazione attiva. Attraverso l’immaginazione attiva, il soggetto non si limita a osservare passivamente i contenuti della mente, ma partecipa in modo consapevole a un dialogo con il proprio inconscio. Questo ne consegue la trasformazione delle visioni in un percorso di conoscenza di sé. L’immaginazione è infatti per Jung uno strumento terapeutico e trasformativo, capace di creare connessione tra noi stessi e il nostro io più profondo.
Per me è così affascinante pensare che possiamo usare la semplice immaginazione per riuscire a conoscersi a fondo.
C’è una domanda però che mi nasce spontanea dopo aver detto tutto questo e cioè: l’immaginazione può anche essere negativa o è solo una caratteristica positiva?
Io credo che possa anche essere molto negativa. Nel senso di quando essa inizia a creare scenari catastrofici. In gergo psicologico li chiamano pensieri ossessivi.
Nella mia esperienza personale sono stata a stretto contatto con persone con una visione molto pessimistica della vita, le quali si lasciavano spesso guidare da pensieri ossessivi, soffocanti, che le portavano inevitabilmente a sentirsi deluse e insoddisfatte. Persone che si lamentavano sempre, di ogni cosa, che non riuscivano neanche a essere felici quando capitava qualcosa di bello perché ormai si erano abituate a vedere il marcio ovunque.
Ma perché questo accade? Perché ci sono pensieri ossessivi che ci fossilizzano e non ci permettono di andare oltre?
Se sei interessato o interessata ad approfondire l’argomento dei pensieri ossessivi fammelo sapere in qualche modo, commentando l’episodio o mandandomi un messaggio in privato.
Andiamo avanti però ad analizzare l’immaginazione positiva.
Qualche giorno fa, in uno scambio di messaggi, un amico mi ha raccontato un aneddoto della sua infanzia che mi ha incuriosita molto. Mi ha raccontato che quando era piccolo suo padre gli chiese quale fosse la cosa più veloce del mondo. La luce, rispose lui. Suo padre gli disse che invece era l’immaginazione, perché con essa sei qui, ma contemporaneamente puoi essere ovunque, anche su Marte.
L’immaginazione è così importante che una ricerca ha rivelato quanto sarebbe limitante esserne privi. Secondo questa ricerca, infatti, la mancanza di immaginazione farebbe diminuire la facoltà di rispondere a problemi complessi e di immaginare una soluzione alternativa.
Ma quand’è che l’immaginazione potrebbe venir meno?
Io credo fermamente che l’immaginazione sia una caratteristica che può essere sviluppata, ma potrebbe venir meno quando noi veniamo privati di quegli stimoli che ci legano ai bisogni e alle necessità. Se, come le ricerche evidenziano, l’immaginazione è legata all’istinto di sopravvivenza, eliminare i bisogni potrebbe ridurre la nostra facoltà.
Cioè: io ho una necessità da soddisfare, un bisogno impellente a cui prestare attenzione: per cui mi adopero, mi ingegno, cerco di immaginare un modo per soddisfare questo bisogno.
Ma andiamo per gradi e facciamo un esempio pratico. Nella preistoria la capacità di immaginare era davvero strettamente legata alla sopravvivenza, lo notiamo in funzionalità molto pratiche, come attraverso l’uso delle pelli di animali per ripararsi dal freddo, o come quando abbiamo imparato a conservare il cibo o a ideare strumenti come la ruota per il trasporto di carichi pesanti.
Non a caso immaginazione è sinonimo di invenzione.
L’immaginazione quindi è una costante nell’evoluzione dell’uomo. Senza questa costante l’uomo non avrebbe acuito l’ingegno e non sarebbe progredito.
Se però l’immaginazione è legata al concetto di sopravvivenza, ovvero: io ho una necessità da soddisfare, quindi mi ingegno per soddisfarla, quindi immagino come potrei fare per riuscirci, possiamo dedurne che una probabile mancanza di necessità porti a un’inevitabile involuzione.
Una recente ricerca della San Diego State University dichiara: La traiettoria evolutiva dell’adolescenza oggigiorno risulta frenata: gli adolescenti di oggi hanno tempi di maturazione e sviluppo più rallentati, impiegano più tempo ad assumersi responsabilità.
Gli autori credono che una delle cause risieda nel tempo che gli adolescenti trascorrono online, il quale è aumentato notevolmente negli ultimi anni.
Ma perché il tempo che trascorriamo online dovrebbe diminuire la nostra capacità di immaginazione? Come fanno le due cose a essere legate?
Ricordate quello che aveva detto Jung? Lui faceva distinzione tra immaginazione attiva e immaginazione passiva. Prima abbiamo affrontato l’immaginazione attiva, un processo che ci permette non solo di andare a fondo nella nostra coscienza ma di ingegnarci per trovare soluzioni ai nostri problemi.
Io credo che la vita vissuta sui social, a meno che uno non lo faccia per lavoro, sia una vita passiva. Scrolliamo la home senza prestare attenzione e il più delle volte lo facciamo per noia. Ci appaiono innumerevoli notizie, persone che fanno vacanze in posti esotici o che hanno mille impegni. Intimamente li invidiamo, tendiamo a comparare la nostra vita alla loro e in questo modo non solo perdiamo molto tempo che potremmo invece dedicare ad altre attività per la nostra crescita personale, ma diventiamo anche più tristi.
Altre ricerche hanno infatti evidenziato un notevole aumento della depressione nei giovani e un calo delle ambizioni personali.
Io credo che i social possano essere uno strumento molto importante, ma penso che vadano usati appunto come uno strumento e non come un’attività da svolgere, perché fondamentalmente lo scrollare la home di Facebook o di Instagram o di qualsiasi altro social non è un’attività che facciamo, ma è un modo per vivere in maniera passiva.
In conclusione possiamo dire che il potere che ha in sé l’immaginazione è senza confini. Possiamo davvero spaziare ovunque, trovare nuove soluzioni, trovare il coraggio per reinventarci. Sfruttare l’immaginazione per riuscire a ideare la vita che avremmo sempre voluto vivere e impegnarci seriamente per realizzarla.
Sono Valentina, autrice di romanzi di formazione per ragazzi. Puoi trovare i miei libri QUI