Costruire un recinto
Mettere sani confini è importante per rispettarsi e farsi rispettare. Tuttavia non è sempre facile. Io non sono mai stata molto brava a farlo e ho avuto difficoltà a imparare...
Ormai lo sentiamo dire ovunque, lo leggiamo da ogni parte, e forse perché in quest’epoca dove per la maggior parte delle volte è uno schermo a definire i rapporti tra persone in molti si sentono in diritto di dire ciò che vogliono. Ma non accade solo sui social. Le persone che invadono il nostro spazio stanno anche attorno a noi. A volte sono colleghi di lavoro, titolari, amici, a volte sono gli stessi nostri familiari. Ma in che modo le persone violano i nostri confini? E in che modo noi possiamo evitare che accada? E che cos’ha a che fare un recinto con il saper mettere sani confini?
Le persone che violano i nostri confini lo fanno in moltissimi modi, ma saperli riconoscere è abbastanza facile. Quando ci sentiamo violati infatti percepiamo un certo disagio che può essere minimo se sono state offese cose di poco valore, o addirittura questo disagio potrebbe trasformarsi in frustrazione e stress se a venire oltraggiate sono cose per noi molto importanti.
Sentiamo sempre dire che per evitare che questo accada dobbiamo saper mettere sani confini. Sì, ok, ma che cosa sono i confini?
Letteralmente significa saper dire: alt, fermati, da qui non puoi passare. Un po’ come quando sei allo zoo e non ti puoi avvicinare agli animali perché il recinto te lo impedisce, hai presente no? Be’, è più o meno la stessa cosa.
Immagina di possedere un terreno con un recinto attorno. Le persone non possono oltrepassarlo, magari ci provano, ma tu allora: alt, fermati, non puoi passare. Lo dici, lo dici apertamente. Che succede se invece non lo dici e questo recinto non ce l’hai? Che le persone possono entrare nel tuo terreno a loro piacimento.
Voglio spiegarti come la mia psicologa mi ha fatto comprendere il concetto di recinto.
Immagina di essere circondato da un giardino e che il giardino sia esclusivamente di tua proprietà. Puoi farci quello che vuoi, è tuo. Puoi piantare fiori, alberi, cespugli.
E adesso immagina se qualcuno, senza il tuo permesso, entra nel tuo giardino e inizia a fare quello che gli pare. Via le rose perché non gli piacciono, via gli alberi perché troppo alti, via i cespugli, via le margherite, via le azelee... Tu che faresti a questo punto? Gli lasceresti fare tutto questo?
Anche se dovesse riuscirci, appena subito il danno correresti ai ripari e per prima cosa metteresti al sicuro il tuo giardino, per proteggerlo. Magari costruendo appunto un recinto.
Questo significa mettere sani confini: costruire un recinto per proteggerci dalle intrusioni, dalle aggressioni.
Potresti anche dirmi: eh, ma se quello il confine non lo rispetta, salta il recinto ed entra lo stesso?
Può succedere è vero, ma sei tu che devi farlo rispettare, sei tu che devi dire: alt, fermati, non puoi passare.
Poniamo un esempio concreto: sei al lavoro e un tuo collega ti chiede di coprire il suo turno nel pomeriggio. Ok, a questo punto hai due alternative: dire di sì o dire di no. Ma in entrambi i casi deve essere una tua scelta consapevole, perché devi avere bene in chiaro chi o cosa far entrare nel tuo recinto.
Se dici di sì deve essere perché lo vuoi davvero, perché magari ne hai voglia, o perché potrebbero servirti due soldi in più, o perché così puoi approfittarne per essere libero in un momento che ti torna più comodo.
Ma non deve succedere che dici di sì, ma poi di nascosto chiami quell’amico per annullare l’appuntamento che avevi con lui o rinunci a quella corsa in spiaggia che aspettavi di fare da oltre una settimana, perché tanto non era importante, puoi sempre andare a correre il giorno dopo.
Nel frattempo però, anche se pensi sia più importante aver aiutato un collega, percepisci in te uno strano disagio, perché in fondo avresti preferito che lui non ti chiedesse nessun favore, in questo modo saresti potuto o potuta andare a correre in piena libertà.
Ma questo è solo un modo per scaricare le responsabilità e, fra l’altro, non ti sei accorto che ti stai solo facendo del male? Hai lasciato che qualcuno invadesse il tuo spazio perché non sei stato in grado di dirgli di fermarsi. E al disagio di aggiunge una leggera rabbia verso te stesso o te stessa perché ti sei sentito impotente senza comprendere il motivo. Dove hai sbagliato? Stai facendo qualcosa di buono, stai aiutando un collega, è una buona azione. E allora perché percepisci questo malessere?
Quando ci accade questo è perché abbiamo scelto di dare priorità a un’altra persona invece che a noi stessi. Ai bisogni dell’altra persona invece che ai nostri bisogni. Abbiamo rinunciato alla corsa in spiaggia o a quell’incontro con il nostro amico per fare un favore al nostro collega.
Ora, una volta può succedere, anche due, ma se dovesse diventare un’abitudine accadrebbe che finirete sempre per mettervi all’ultimo posto. E se siete voi i primi a mettervi all’ultimo posto inizieranno a farlo anche gli altri.
Una volta ebbi una discussione su questo argomento con una persona alla quale era accaduta proprio una cosa simile. Si lamentava perché a parere suo sarebbe dovuto essere il collega a rendersi conto che il favore che le stava chiedendo era un po’ troppo, e quindi per questo non avrebbe dovuto chiederglielo affatto.
Io credo invece che domandare sia lecito. A volte non possiamo sapere infatti cosa spinge le persone a comportarsi in un certo modo. Ma come quel collega aveva tutto il diritto di domandare, anche l’altra persona aveva tutto il diritto di rifiutare, indipendentemente dal motivo.
A me personalmente capitò una volta che, passando da una strada in auto – ero diretta in centro per fare degli acquisti – mi arrivò una telefonata da parte di una persona con cui avevo a che fare molto spesso e alla quale ero in qualche modo legata. Vedendomi passare in auto aveva deciso di chiamarmi. Quando risposi al cellulare mi chiese dove stessi andando, cosa volessi comprare, perché volessi comprarlo. Restai gentile e cercai di rispondere ma questo suo atteggiamento mi infastidì moltissimo, infatti ero partita da casa molto allegra, canticchiando in macchina la canzone che stavano trasmettendo alla radio, ma una volta chiusa la telefonata mi sentii svuotata, quasi esausta, neanche avevo più voglia di andare in centro. Cercai di convincermi che andava bene lo stesso, che non dovevo farmi troppe paranoie e cercai di passarci sopra.
Qualche giorno dopo lo stesso evento si verificò di nuovo. Con le stesse modalità e lasciandomi ancora molto a disagio. Decisi quindi di affrontare la cosa, di parlare con questa persona per spiegarle che non era necessario chiamarmi ogni volta che mi vedeva passare e chiedermi dove andassi e per fare cosa. Erano cose mie personali e non avevo voglia di condividerle. Mi ci volle molto coraggio per riuscire a dirle tutto questo, ma ci riuscii. Mi aspettavo a questo punto che si scusasse – io avrei fatto così – o quantomeno che mi assicurasse che non lo avrebbe più fatto, ma non tutti reagiamo allo stesso modo. Questa persona iniziò a lamentarsi cercando di far leva sui miei sensi di colpa, dicendo che non voleva far nulla di male, che era solo curiosa, che me la stavo prendendo per niente.
Successivamente, quando raccontai questa cosa alla mia psicologa, lei mi disse che sarei dovuta restare ferma, continuando a ripetere la mia richiesta: ti chiedo di non chiamarmi più per questa cosa. All’epoca non comprendevo ancora bene questo tipo di dinamica, quello che feci fu invece cambiare strada in modo da non essere costretta a incontrare quella persona.
In qualche modo il mio fu un errore. Avevo solo evitato quel problema, non lo avevo risolto. Infatti, nonostante quella persona non mi chiamasse più proprio perché non mi vedeva passare, tentò di invadere il mio spazio in altri modi e mi ritrovai nella stessa identica situazione di prima. Quindi non solo mi ero sentita costretta a fare una strada diversa dal solito, ma avevo altri problemi che si erano aggiunti al primo.
Non si può evitare il problema. Dobbiamo affrontarlo alla radice. Anche se l’altra persona non comprende, ricordiamoci che ci sono persone che non comprenderanno mai e dobbiamo capire che non è necessario che comprendano ma è necessario per noi che quell’atteggiamento nei nostri confronti finisca. Quindi dobbiamo restare fermi nella nostra richiesta. Anche se il loro atteggiamento dovesse cambiare, anche se finiranno per non sorriderci più come prima. Anzi, proprio se faranno così potremmo capire meglio che il loro atteggiamento era del tutto manipolatorio. Non riuscendo più ad applicarlo, siamo infatti diventati ai loro occhi improvvisamente antipatici.
Sì, è vero che magari non vorremmo risultare antipatici o scontrosi o maleducati, ma in alcuni casi è davvero l’unico modo che abbiamo per ristabilire un certo equilibrio di rispetto reciproco.
Inoltre c’è una cosa che raramente viene presa in considerazione: il beneficio che si trae dall’imparare a mettere confini. Non solo saremo in grado di impedire che vengano superati, ma la nostra autostima aumenterà di pari passo che aumenterà il rispetto che volgiamo verso noi stessi.
In conclusione quando non proteggiamo il nostro giardino chiunque può entrarci, aggredirci, toglierci di rispetto, offenderci. E tutto ciò lo fa con l’assoluta libertà di chi pensa di poter disporre degli altri a suo piacimento.
Quando siamo davanti a situazioni di questo tipo siamo tentati di chiederci come mai le persone si comportino così. Ok, vogliono manipolarci, ma per quale motivo? Qual è il loro scopo? Perché non capiscono che in questo modo ci fanno solo del male?
Tu ricorda che le uniche persone che si sentiranno offese e inizieranno a lamentarsi nel momento in cui tu inizi a mettere sani confini, sono le uniche che fino a quel momento hanno beneficiato della tua assoluta accondiscendenza. Si sentiranno improvvisamente private di un privilegio e questo a loro non piacerà. Ma tu non sei nato per assecondare gli altri in eterno.
Lo ripeto ancora, e andrò avanti a farlo perché è molto importante: non è necessario che capiscano che ti stanno facendo del male, che ti stanno togliendo di rispetto. È necessario invece che tu riesca a porre fine a questi atteggiamenti nei tuoi confronti.
Se a morderti è un serpente cerchi l’antidoto al veleno o cerchi il serpente per chiedergli come mai ti ha morso?
Grazie per aver letto la mia Newsletter. Spero possa esserti stata utile.
Alla prossima!
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Sono Valentina, autrice di romanzi di formazione per ragazzi. Puoi trovare i miei libri QUI